Domenica 18 agosto 2018, ci dirigiamo alla volta di San Nazzaro Val Cavargna per fare un’escursione in relax (ma non troppo) salendo la Cima Pianchette m.2160 per poi andare al Pizzo di Gino tramite la cresta che separa le due cime. Ore 8.00 iniziamo la nostra escursione: il clima è fresco con circa 16°, il sole c’è ma si nasconde tra le nuvole a pecorelle che non promettono nulla di buono come dice il proverbio… Così ci incamminiamo in direzione del Rifugio Croce di Campo seguendo prima la strada asfaltata poi il sentiero e lo raggiungiamo alle ore 9,30; qui troviamo una cavalla con il suo cucciolo insieme ad alcuni asinelli che pascolano in libertà su questi splendidi alpeggi. Otre a noi ci sono due escursionisti che salgono la Cima Pianchette ma dopo qualche sorpasso reciproco, li superiamo definitivamente per raggiungere la cima in solitaria, alle ore 10.15. Da qui prendiamo la cresta che in poco meno di un’ora ci porta in vetta al Pizzo di Gino m.2245. Spettacolo! Ma non è la prima volta per noi su questa vetta. Nel lontano 2011 insieme a Marco, Eleonora, Maria e il cagnolino Nebbia l’avevamo già raggiunta per la via che oggi ripercorreremo in discesa, attraversando i resti delle trincee della Linea Cadorna, passando per Piazza Vacchera e ritornando alla macchina per le ore 14.30. Bellissimo anello con un meteo variabile, che dopo tutti i tipi di annuvolamenti ci ha dato anche due gocce di acqua alla fine. Bellissimo! Abbiamo riassaporato questi luoghi meravigliosi che grazie ai nostri amici abbiamo conosciuto negli anni passati… quando eravamo agli inizi delle nostre escursioni e oggi dopo alcuni anni continuiamo a frequentare, ma con una maturità diversa.

Era il 2017 quando casualmente su FB abbiamo visto la pubblicità di un libro da poco uscito chiamato “La Via delle Bocchette e le ferrate del Brenta”, e da subito ci ha colpito, così dopo aver approfondito l’argomento, l’abbiamo acquistato. Per quasi un anno purtroppo, per diversi motivi è rimasto sulla nostra mensola insieme a tutti i nostri libri della montagna, ma quest’anno è quello giusto! Così a giugno, lo riprendiamo in mano, valutiamo il percorso della Via delle Bocchette Centrali + la Via delle Bocchette Alte e con l’aiuto del web e della nostra cartina del Parco Naturale Adamello-Brenta, pianifichiamo il tutto  e verso la fine di luglio prenotiamo i rifugi. Così dopo quasi tre settimane siamo giunti al giorno della partenza per Madonna di Campiglio, da qui, attraverso una strada a pagamento raggiungiamo il Rifugio Vallesinella m.1540, parcheggiamo e ci prepariamo per la nostra avventura. Sono le ore 11.00 di martedì 14 agosto, il meteo è variabile e tendente alla pioggia nel pomeriggio, e noi partiamo, destinazione Rifugio Pedrotti m.2491. Da subito il sentiero inizia a salire fino a raggiungere il Rifugio Casinei, per poi salire ancora fino alla Sella del Fridolin m.2143, e ora il panorama cambia, le Dolomiti iniziano a farsi vedere tra le nuvole, che di lì a breve ci danno il benvenuto con qualche goccia di pioggia. Sono le ore 13.00 e siamo nei pressi del Rifugio Brentei m.2182, pausa snack e poi su fino alla Bocca di Brenta m.2552, per un sentiero percorso quasi tutto sotto una pioggia leggera, con la nebbia che ci seguiva in un ambiente molto particolare, quali sono le Dolomiti di Brenta. Una volta giunti alla Bocca di Brenta notiamo il Rifugio Tosa – Pedrotti m.2491 a pochi minuti sotto di noi, così con la pioggia che ora è diventata più insistente lo raggiungiamo per le ore 14.30. Dopo esserci sistemati ci rilassiamo al caldo del rifugio chiacchierando con i rifugisti e informandoci su ciò che ci aspetta il giorno dopo, per affrontare al meglio la Via delle Bocchette .. poi cena e a letto presto. Siamo arrivati al giorno clou, ci alziamo e con nostro grande piacere notiamo che la giornata è splendida, fredda (6°) ma senza una nuvola, con un’alba che illumina il Rifugio Pedrotti e la cima di Brenta Bassa…molto suggestivo come risveglio. Dopo la colazione ci prepariamo con imbrago, kit ferrata, guanti e casco, salutiamo e ci incamminiamo verso l’attacco della ferrata della Via delle Bocchette Centrali. Sono le ore 7.00, saliamo la prima scala e iniziamo la nostra avventura attraverso le Dolomiti di Brenta.

Raccontare nei dettagli quello che abbiamo fatto è alquanto difficile dato gli innumerevoli passaggi su cenge, scale, su e giù per le varie bocchette, passando attraverso la Cima di Brenta Alta e Bassa, il Campanile basso, il Campanile Alto, gli Sfulmini, la Torre di Brenta fino a raggiungere la Bocca degli Armi m.2749, abbiamo superato la vedretta degli Sfulmini con i ramponi, trovato l’attacco della Via delle Bocchette Alte passando sotto la Cima degli Armi,  risalendo fin sotto la Cima Molveno, lo spallone dei Massodi per poi salire la Cima Mandron  m.3040, quindi tramite la Cengia Garbari abbiamo aggirato la Cima Brenta per poi ridiscendere verso la Bocca di Tuckett m.2648 , fino a raggiungere il Rifugio Tuckett – Sella m.2272 dove termina la nostra avventura. Si! Un’avventura! Che non ha uguali in tutto ciò che fino ad oggi abbiamo fatto! Le emozioni sono state molteplici: dal timore di non farcela, alla stanchezza che nella Via delle Bocchette Alte iniziava a farsi sentire…poi gli ambienti: totalmente unici, le torri, i ghiaioni, le cenge, i veri e proprio passaggi di arrampicata, spesso esposti ma resi sicuri dai cavi e dalle scale che percorrono quasi interamente la Via. Insomma giunti al rifugio Tuckett – Sella non ci sembrava vero … un abbraccio aspettato da molte ore ci ha dato la certezza e la gioia di avercela fatta, ma allo stesso tempo un po’ di tristezza, perché avevamo concluso questa bellissima avventura…. Ma con una ricchezza e conoscenza in più su questi luoghi affascianti dove abbiamo incontrato persone provenienti da ogni dove, che come noi hanno goduto di questi luoghi unici. Dopo aver cenato e dormito presso il Rifugio Tuckett, il giorno seguente ci svegliamo avvolti dalla nebbia, e dopo colazione rientriamo alla macchina in circa un’ora e trenta dal sentiero che collega il Rifugio Tuckett al Rifugio Vallesinella.

Questa esperienza rimarrà con noi per sempre, le Dolomiti di Brenta sono uniche, e allo stesso tempo temerarie e suggestive. Percorrendo la Via delle Bocchette le abbiamo attraversate interamente, sicuri del nostro passo e consapevoli delle nostre capacità, godendoci appieno l’intera VIA DELLE BOCCHETTE.

Sono finalmente arrivate le meritate ferie estive, e scegliamo come prima meta un bel week end in cerca del nostro primo 4000, quindi la scelta ricade sul Breithorn, visto che è il più facile. Consultiamo la meteo e prenotiamo il Rifugio Guide del Cervino m.3480. Partiamo sabato 11 agosto e per le ore 10.00 siamo a Breuil-Cervinia in Valle d’Aosta, da qui prendiamo la funivia che in circa 30 minuti ci porta al Plateau Rosa dove si trova il Rifugio. Sono le ore 12.00 e siamo al Rifugio, pranziamo e girovaghiamo qua e là ammirando il paesaggio un pò contrastante: da una parte un luogo affascinante con il Cervino che domina le sue valli, poi il Plateau Rosa completamente bianco che regala un colpo d’occhio suggestivo, e dall’altra parte la pesantissima mano dell’uomo che con la sua cementificazione ha tolto molto a questo luogo magico, rendendolo quasi fasullo. Rilassandoci arriviamo all’ora di cena, in compagnia di un’altra coppia che come noi andrà al Breithorn il giorno seguente, e tra una chiacchiera e l’altra arriva il momento del tramonto. Rimaniamo incantati dai colori e così scattiamo tante foto, finchè arriva l’ora di andare a dormire, perchè domani la sveglia è prestissimo, quindi prepariamo le nostre cose e a letto. Sono le ore 5.30, di domenica 12 agosto, partiamo per la nostra avventura dopo una colazione veloce e dopo esserci legati in cordata da subito. Frontale accesa e via seguiamo le piste e le poche persone davanti a noi. Puntiamo il tunnel, andiamo alla sua sinistra poi diritti fino al Plateau Rosa. Una volta arrivati al Plateau Rosa si apre un paesaggio unico: l’alba inizia a dare luce all’ambiente intorno a noi, regalandoci dei colori unici, davanti a noi il Breithorn con tutte le cime del gruppo del Rosa, e un Plateau Rosa sgombro da ogni impianto o mano dell’uomo. Giusto pochi minuti per qualche foto e proseguiamo per non raffreddarci troppo visto il vento gelido che soffia. Dopo aver affrontato tutto il pianoro giungiamo alla base del Breithorn: piccola pausa per uno snack e poi su senza fermarci fino alla vetta. Arriviamo in cima alle ore 7.40, dopo aver superato la parte di sentiero più ripida e dopo aver superato 3 alpinisti che a pochi metri dalla cima ci hanno lasciato strada. Non ci sono parole, un groppo in gola e una lacrimuccia nel nostro abbraccio pieno di gioia nell’aver raggiunto il nostro primo 4000. Facile! Sì! Ma per noi molto importante! Poco dopo anche gli altri 3 alpinisti raggiungono la cima, e dopo uno sguardo di rispetto reciproco ci stringiamo le mani per complimentarci tra noi. Solo noi 5 in cima al Breithorn Occidentale m.4165. Ci scattiamo foto a vicenda e ammiriamo il panorama con il sole ancora basso che ci scalda l’anima da alpinisti in erba che siamo! Dopo circa 15 minuti iniziamo la discesa per lo stesso itinerario della salita, incrociando un’innumerevole quantità di persone che con varie cordate salgono al Breithorn. Ore 9.30, in men che non si dica siamo al Rifugio Guide del Cervino, dove festeggiamo con un bel panino e una birra il nostro primo 4000.

Escursione facile ma non per questo da sminuire in fatto di sicurezza e importanza, in ambienti unici (anche se pesantemente deturpati dall’uomo), che a noi hanno dato modo di acquisire tanta esperienza che utilizzeremo nelle nostre attività future

Dopo tanto tempo che manchiamo dalla Valchiavenna, finalmente torniamo, questa volta per un intero week end. La meta è il Pizzo Stella m.3163,  così ne approfittiamo per scoprire la zona dell’Angeloga. Raccontiamo due giorni immersi in un ambiente unico, con una cima magnifica, un rifugio molto bello e accogliente, con l’Alpe Angeloga e il suo lago a completare un quadretto perfetto, per un weekend immersi nella montagna a 360°.

Giorno 1

Sveglia non troppo presto e via si parte alla volta di Fraciscio, una frazione di Campodolcino (So) in Valchiavenna,  ore 9.00 siamo pronti per incamminarci in direzione Motta: prendiamo il sentiero che da subito parte in forte pendenza e in circa 40 minuti siamo a Monte m.1732,  poi proseguiamo su strada sterrata fino a Motta, attraversato Motta continuiamo fino Motta Alta e da qui alla Statua della Madonna d’Europa. Dopo una brevissima sosta riprendiamo la  sterrata per poi prendere il sentiero C10, che in un saliscendi a mezza costa ci porta direttamente al Rifugio Chiavenna. Sono le ore 12.00, siamo al Rifugio Chiavenna m.2044, ora ci godiamo una meritata sosta sulle rive del Lago Angeloga tra le mucche al cospetto del Pizzo Stella imponente davanti a noi. Dopo circa mezz’ora riprendiamo il cammino per il giro dei laghi: subito dietro al rifugio parte il sentiero un po’ ripido che sotto un sole torrido in circa 30 minuti ci porta al Lago Nero m.2352,. Affascinante, e qui un’aria fresca ci attende e ci ripaga della sforzo fatto. Per circa due ore ci addentriamo tra i laghi fino a raggiungere il Passo dell’Angeloga m.2394 per poi tornare al rifugio chiudendo un bellissimo anello passando per il Lago Caldera m.2370.  Sono le ore 16.30 e giunti al Rifugio Chiavenna ci godiamo una birra fresca dinanzi alla Pizzo Stella che dai suoi 3163 m. domina la valle;  tra un sorso e l’altro in totale relax, notiamo molti appassionati, che, muniti di tenda  aspettano le notte ai bordi del Lago Angeloga. Siamo giunti all’ora di cena, dopo il riso al rosmarino, un buon arrosto con patate, caffè e genepì usciamo per fotografare al crepuscolo l’Alpe Angeloga e il Pizzo Stella. Ma domani ci aspetta una giornata interessante… quindi a letto presto!

Giorno 2

Ore 4.30 sveglia, ci alziamo, ci prepariamo e in silenzio scendiamo nella sala da pranzo dove i gentilissimi rifugisti ci hanno preparato un angolino per la nostra colazione fai da te. Ore 5.00 si parte, frontale accesa e via…dopo circa un’ora le prime luci dell’alba ci fanno spegnere le frontali e iniziamo a procedere a vista ometti….Il Pizzo Stella è sempre lì che ci osserva in silenzio e noi proseguiamo il nostro cammino in un ambiente detritico: dove un tempo c’era il ghiacciaio, oggi restano i detriti pietrosi, e un esile fiumiciattolo che attraversiamo per poi giungere al tratto a nostro avviso più tosto. Si sale in forte pendenza per un evidente sentiero  ma sempre con un occhio ai molti ometti che ci fanno da guida…così dopo circa 2 ore e 30 da quando abbiamo lasciato il rifugio ci troviamo in cima a questo crinale, e da qui ci sono due vie: la normale che va a sinistra, salendo, per poi raggiungere un breve passaggio verticale, e la seconda che scende leggermente a destra per poi superare una piccola valle e quindi risalire sulla cresta. Noi abbiamo preso quest’ultima,  da qui con facili passaggi tra le rocce giungiamo nei pressi della piccola croce posata a memoria. In un breve momento di riposo ci voltiamo e  restiamo a guardare il panorama lasciato alle nostre spalle… Ma non siamo ancora in vetta così riprendiamo la nostra ascesa, e dopo pochi minuti attraverso un sentiero ripido con passaggi tra le rocce sbuchiamo sulla cresta finale….wow che emozione!! E’ come giungere in paradiso….un sole splendido ci illumina e ci regala un bel momento..così affrontiamo l’ultimo tratto che ci porta alla vetta! Sii! Ce l’abbiamo fatta! Siamo in cima al Pizzo Stella! Ci abbracciamo e ci complimentiamo, siamo i primi arrivati! Sono le ore 8.30, il panorama è magnifico , noi, la croce e tutto intorno cime, non ci sono parole per descrivere cosa si prova. Felici e soddisfatti dopo le dovute foto ahimè, ci tocca scendere… e durante la discesa incontriamo tutti coloro che salgono per raggiungere la cima. La discesa è alquanto lunga, ma la soddisfazione è grande e ci dà la forza di rientrare al Rifugio Chiavenna, insieme al pensiero di mangiare un bel piatto di pizzoccheri della Valchiavenna. Sono le ore 13.00, e dopo i saluti ai rifugisti rientriamo alla macchina per il sentiero che porta direttamente a Fraciscio, completando un lungo anello con m.2700 D+ e circa 30 km, in due fantastiche giornate passate in un luogo unico, che ha tanto da offrire  agli escursionisti di qualsiasi livello fino alla grande cima che sicuramente resterà nei nostri cuori.

 

 

Ultima domenica di luglio 2018, ci spostiamo in Valle d’Aosta per l’esattezza in Val d’Ayas, con il Corno Bussola come meta di questa escursione. Sveglia presto, e via autostrada Milano-Torino, poi per Aosta, uscita Verres in direzione Brusson fino al parcheggio di Estoul. Ore 8.00 partiamo, il termometro segna 12 gradi e quindi un bel fresco ci accompagna per la prima ora di salita dove seguiamo la sterrata fino al bivio, a destra per il Rifugio Arp invece noi andiamo a sinistra per il corno Bussola. Iniziamo a salire dopo circa 1 ora e 30 dalla macchina siamo al Lago della Battaglia m.2487. Il sole è caldo ma una piacevole brezza ci rinfresca, costeggiamo il lago sulla destra e al bivio teniamo la sinistra come da descrizione trovata su vienormali . Poco dopo troviamo il Lago Pocia m.2518 e subito dopo un ripido sentiero ci porta al Lago Lungo m.2633, per poi continuare a salire fino al Passo Bussola m.2824. Da qui il panorama è splendido, e dopo alcune foto affrontiamo un brevissimo tratto attrezzato con gradini e staffe che ci porta nell’ultimo tratto abbastanza ripido fino alla cima. Sono le ore 11.00 e siamo in vetta!! Corno Bussola m.3023, il panorama è spettacolare, si vedono un’infinità di cime, e tra tutte l’attenzione si focalizza sul gruppo del Rosa… dal Cervino al Breithorn, e tutte le altre vette, per noi un panorama unico!! E tra una foto e l’altra un folto gruppo di stambecchi ci delizia del loro passaggio da un versante all’altro del Corno Bussola … la  natura è meravigliosa! E così dopo aver lasciato una dedica sul libro di vetta iniziamo la discesa che passa per la cresta fino ad arrivare al Col de Palasinaz m.2668. Quaranta minuti di pura euforia! Bellissima! A destra i laghi e a sinistra il gruppo del Rosa che fa da sfondo seguendo un sentiero che corre sul filo di cresta davanti a noi. Sono quei momenti che non si vorrebbe finissero mai…. Alle 12.45 siamo giunti al Col de Palasinaz m.2668, dove finalmente ci fermiamo per una pausa. Poi scendiamo fino al Lago Palasinaz m.2605 e quindi ci ricongiungiamo al sentiero dell’andata nei pressi del Lago di Battaglia. Prima di rientrare alla macchina passiamo per il Rifugio Arp m.2440 per berci una birra fresca e godere di questi ultimi momenti in un luogo che ci resterà nel cuore.

Alle ore 15.30 siamo alla macchina.

Escursione consigliatissima, veramente bella con l’ambiente reso unico dai suoi laghi e dalla cima che regala un panorama a 360°

Di seguito il tracciato Garmiin

https://connect.garmin.com/modern/activity/2898486421

 

Perirplo della Grigna Meridionale….Partiamo con lo spiegare la parola “Periplo”, ossia “Circumnavigare un’isola”, dove per noi l’isola è la Grignetta e il mare è l’insieme di guglie, pareti, canali e creste che attraversiamo in circolo per poi tornare al punto di partenza. L’intenzione odierna era quella di fare la Direttissima alla Grignetta per poi scendere dalla Cresta Cermenati dopo aver toccato la vetta…ma non è andata proprio così! Sono le 8.00, dopo la colazione presso il Forno delle Grigne iniziamo a camminare verso il Rifugio Porta, poi teniamo sempre la sinistra e prendiamo il sentiero n.8 chiamato Direttissima. Si sale fino a raggiungere il famosissimo Caminetto Pagani attrezzato con catene e scale per poi proseguire attraverso le magnifiche guglie, dalla lancia, al fungo e alla torre, sono solo alcune…superiamo il Canale Angelina fino ad un bivio dove proseguiamo a sinistra seguendo le indicazioni “Direttissima” “Sentiero Giorgio”. Da qui il sentiero scende attraverso ambienti unici per poi risalire fino al Colle Garibaldi m.1824, dove in pochi minuti si raggiunge il Rifugio Rosalba a sinistra, ma noi andiamo a destra in direzione del Colle Valsecchi. Sono le ore 10.30 e siamo al Colle Valsecchi: qui troviamo molte persone, ognuno con il suo itinerario da seguire. Noi prendiamo a sinistra e scendiamo per la Val Scarettone, seguendo un bel sentiero attrezzato in mezzo a rocce e catene,  fino a salire a zig zag alla Bocchetta del Giardino m.2004. Pensare che solo un mese fa passavamo di qui per la traversata alta. Così iniziamo la nostra salita verso il Canalino Federazione che superiamo facendo attenzione a chi scende e ad eventuali cadute sassi.  Alle ore 11.45 siamo sulla Cresta Sinigaglia! Da qui in 10 minuti si arriva in vetta, ma mentre affrontiamo le prime catene incontriamo l’amico Christian che salutiamo con gioia, e tra una chiacchiera e l’altra ci ragguaglia sulla situazione in cima alla Grignetta: super affollata! Ci salutiamo e subito dopo incontriamo una signora anch’essa che scende dalla vetta…e dopo le sue parole “Sembra di essere al mare” decidiamo di non salire, così chiediamo consiglio alla signora e iniziamo la discesa per la Cresta Sinigaglia. In prossimità del Torrioni Magnaghi incontriamo di nuovo la signora, la simpatica Mariella, e tra una chiacchiera e l’altra decidiamo di scendere insieme. Sono le ore 12.15 e siamo in vetta ai Magnaghi, foto e poi giù al “Saltin del Gatt” per la Cresta Sinigaglia dove prendiamo il raccordo 7 per la Cresta Cermenati…così chiacchierando tra appassionati di montagna giungiamo ai Piani dei Resinelli. Prima di salutarci decidiamo di bere insieme una birra al Forno delle Grigne così ci sediamo al tavolone di legno nei pressi dell’ingresso e tramite la nostra amica Mariella scopriamo che con noi ci sono seduti dei grandi dell’alpinismo lecchese che come noi si godono una bevanda fresca in un luogo ricco di storia quale è la Grigna. Uno splendido giro o “periplo”, senza vetta ma con una nuova amicizia e tanta, tanta storia che ci accompagna sempre in questa grandiosa montagna.

Oggi raccontiamo una bella giornata trascorsa immersi nella natura in una valle bellissima con una cima che la sovrasta che noi ben conosciamo dove un ricordo particolare della nostra vita “in the mountains” ci lega: parliamo della Val Biandino e della sua cima, il Pizzo dei Tre Signori. Nel lontano 2014 l’abbiamo salito da Barzio dopo aver pernottato al Rifugio Grassi, e in quel week end la nostra vita ha preso una piega diversa…ma questa è un’altra storia… Torniamo ad oggi, domenica 16 luglio 2018. Il meteo un po’ incerto su tutto il nord ci suggerisce di stare nelle nostre zone, così decidiamo di andare a percorrere un sentiero già fatto, solamente per il gusto di farlo data la sua bellezza, ma questa volta proseguiamo fino al Lago di Sasso. Andiamo per ordine: sveglia non troppo presto, colazione e via direzione Introbio. Sono le ore 8.00, qui parcheggiamo e prendiamo il sentiero in direzione Rifugio Santa Rita. Attraversiamo il paese e prendiamo una vecchia mulattiera con l’indicazione Val Biandino; giunti al bivio proseguiamo dritti finché sbuchiamo su una carreggiata che in pochi minuti arriva sul ponte del torrente Troggia. Prima del torrente prendiamo il sentiero a destra che sale e in circa 20 minuti esce sulla carreggiata che abbiamo lasciato prima, che riprendiamo in salita; più avanti incontriamo a destra la fonte “Acqua San Carlo”, dove le indicazioni dicono di andare a sinistra.. ma il sentiero finisce nelle vegetazione.. meglio proseguire per 20 metri e prendere la strada sulla sinistra dove pochi metri si trova il sentiero che salendo a destra ci porta all’Alpe Algoredo. Dopo un bel tratto che sale costantemente finalmente usciamo dal bosco, superiamo alcune baite, risaliamo un pendio e arriviamo all’Alpe Algoredo dove finalmente riprendiamo un po’ di fiato. Sono le ore 9.45, continuiamo per sentiero e dopo poco dinanzi a noi si apre un panorama magnifico: la Val Biandino e sullo sfondo il pizzo Tre Signori. Percorriamo tutta la cresta di sinistra e arriviamo al Rifugio Santa Rita, attraversando i diversi saliscendi erbosi e fioriti dove le molte api succhiano il nettare, e al nostro passaggio rumoreggiano alzandosi in volo. Sono le ore 12.00, giunti al Rifugio Santa Rita pranziamo fuori sotto un caldo sole con pane, formaggio, vino e birra. Dopo circa 15 minuti di relax riprendiamo a camminare e in circa 20 minuti arriviamo al Lago di Sasso, dove troviamo diverse persone sulle sponde rilassate dinanzi al cospetto del Pizzo….non ci aspettavamo un ambiente simile….top!! Foto di rito poi iniziamo la via del ritorno, una lunga discesa che attraversa la Val Biandino, passando per il Rifugio Madonne delle Nevi poi per il Rifugio Tavecchia, e per la Bocca di Biandino, e ci riporta a Introbio tramite la larga strada percorsa anche dalle jeep. Bellissimo giro! Lungo, ma molto appagante a livello paesaggistico! Tappa al lago doverosa! Come sempre la Val Biandino regala giornate indimenticabili, e contiamo di tornarci nella stagione invernale, dove la neve contribuisce a rendere magico il paesaggio.

Chi trova un amico, trova un tesoro! E’ proprio il nostro caso avendo trovato degli amici … abbiamo trovato anche un tesoro. Gli amici sono Hannelore, Erminio e Luciano e il tesoro è una fantastica cima ai più sconosciuta, che grazie a loro abbiamo scoperto anche noi. Il Pizzo Vicima m.2853, che fa parte delle Alpi Occidentali, Gruppo Masino. Questa cima separa la Val di Mello a Nord dalla Val di Preda Rossa a sud, quindi il panorama sulla Val di Mello e sul Gruppo del Disgrazia è una spettacolo unico. Ore 6.00 ritrovo a Bione, qui prendiamo direzione Val Masino, e dopo aver pagato il permesso di transito saliamo fino a Preda Rossa, dove parcheggiamo l’auto. Da qui partiamo con la nostra escursione: seguendo Hannelore con relazione alla mano di vienormali , iniziamo a salire e dopo un bivio andiamo a destra seguendo la montagna al di sopra degli sfasciumi di ganda, quindi giungiamo all’inizio della valle che risaliamo a fatica attraverso altri sfasciumi e grossi massi di puro granito. Il sole splende sopra di noi e tra le rocce patiamo un insolito caldo per l’altitudine dove ci troviamo, ma con passo costante giungiamo alla base del canalino. Da da qui si inizia a fare attenzione: dopo aver superato il canale andiamo in diagonale verso la cima, e affrontiamo un bel passaggio in un diedro, da cui usciamo sull’anti cima che ci porta alla cresta finale, di lame strapiombanti. Dopo quasi 3 ore e 30 siamo in vetta!! Ci congratuliamo tra noi e ci godiamo questo momento stando attenti a muoverci dato il poco spazio che abbiamo sulla cima. Intorno a noi si apre un panorama spettacolare: il Disgrazia di fronte a noi in tutta la sua magnificenza, a destra la Valle di Preda Rossa, inconfondibile con il corso d’acqua che l’attraversa, a sinistra la Val di Mello con tutte le più spettacolari cime, dal Badile al Cengalo, e le varie valli che il Sentiero Roma attraversa, con le diverse pareti che l’hanno resa famosa. Foto, filmati, impossibile rimanere indifferenti circondati da tali bellezze. Ma purtroppo arriva il momento di scendere. Stando molto attenti superiamo la cresta poi arriviamo fino alla base del canalino, e da qui ci dirigiamo verso il passo Basset-Romilla dove sostiamo per un meritato pranzo in relax. Dopo il break si riprende l’itinerario di discesa, che come per l’andata si fa fatica a non perdere le tracce, ma superate le pietraie, una volta nella fascia della vegetazione si riprende il sentiero marcato a bolli verdi o azzurri che ci riporta alla macchina, dove finalmente un bel fiume gelato attende i nostri stanchi piedi per una rinfrescata! Bellissima cima, per nulla banale l’ultimo tratto e non proprio semplice da trovare il sentiero.

Un grazie ai nostri amici per la compagnia e per aver condiviso con noi questa nuova cima.

P.S. Per la salita abbiamo utilizzato la descrizione trovata su vienormali che descrive in modo preciso e dettagliato l’itinerario

 

Oggi raccontiamo una stupenda giornata in compagnia di grandi amici con una vetta importante x tutti noi “alpinisti”. Ci troviamo in Valmalenco presso il Rifugio Zoia da dove parte la nostra escursione alla vetta del Pizzo Scalino m.3323, anche chiamato “Il Cervino della Valmalenco”. Sveglia presto! Colazione e via! Si parte! Sono le 5.00, il buio comincia a lasciare il posto alla luce tanto da non aver bisogno delle luci frontali, così iniziamo a camminare in direzione dell’Alpe Campagneda; dopo aver superato le varie falesie presenti sul sentiero giungiamo all’Alpe, superiamo il Rifugio Ca’Runcash e proseguiamo seguendo le indicazioni per il Pizzo Scalino. L’aria è fresca ma non troppo, il week end di questo primo luglio è particolarmente caldo, e nel silenzio di questi pendii si sente l’acqua dei ruscelli; alle 6.30 circa giungiamo alla base della montagna. Però!! Imponente!! Ora il sentiero sale ripidamente e dopo una faticosa salita giungiamo nei pressi del Cornetto m.2848. Qui il vento freddo la fa da padrone e in un momento di breve relax, godiamo di un panorama non da poco, con il Pizzo Scalino che ci osserva e in silenzio attende il nostro arrivo.  Ancora pochi passi e arriviamo sulla neve, ci leghiamo, ramponi, casco, e iniziamo una cordata a quattro, che in circa un’ora ci porta sulla cresta, superando tutto il ghiacciaio senza problemi, e dopo aver superato un salto di roccia arrampicando facilmente aiutati da una corda fissa. Uno dopo l’altro siamo tutti in cresta!! Ci sleghiamo, togliamo i ramponi e iniziamo la nostra ascesa alla vetta. Il terreno sul quale ci muoviamo a tratti esposti ci fa rallentare un po’ la progressione, ma con la dovuta calma arriviamo in cima! Sono le 10.00, Paolo è il primo, dopo Angelo e infine le due Chiara! Ci abbracciamo e ci complimentiamo a vicenda in un momento di gioia unico. Così dopo le varie foto, filmati e spuntini iniziamo la discesa… La concentrazione è alta e in breve siamo al salto di roccia, che con l’aiuto della corda fissa superiamo senza problemi, poi la vedretta e una volta arrivati al Cornetto ci rilassiamo un poco prima di rientrare al Rifugio Zoia per le ore 15.00.

Che dire?!? Innanzitutto, complimenti a Chiara, compagna di Paolo che arrivando per la prima volta in un ambiente di alta montagna è riuscita con determinazione a superare tutte le varie situazioni “alpinistiche” incontrate durante la salita. Quindi brava!!

Poi noi tutti che nella nostra poca esperienza alpinistica siamo riusciti a salire e scendere in sicurezza, legandoci e utilizzando tutti gli insegnamenti del corso di Alpinismo Classico fatto lo scorso anno con – Oltrelaverticale 

Poi il luogo, la Valmalenco con un paesaggio unico con questa maestosa montagna che vista dal Rifugio Zoia la sera prima era alquanto suggestiva. Un grazie ai nostri amici Paolo e Chiara per la compagnia e al grande rifugista e amico Emanuele che ci ha fatto sentire come a casa in questo super rifugio che è lo Zoia

Il giorno 23 giugno 2018, alle ore 11.30, viene posata la nuova croce in cima alla Grigna Meridionale.

L’elicottero dei Vigili del Fuoco atterrato al Bione, nei pressi della stazione del Soccorso Alpino di Lecco, ha fatto diversi viaggi su e giù tra la stazione e la vetta per portare il materiale necessario per la posa, finchè alle 11.10 circa ha caricato la croce e l’ha portata in cima.

E i gruppi alpinistici, il Soccorso Alpino della XIX Delegazione Lariana, con i vigili del Fuoco di Lecco hanno contribuito alla collocazione della croce in vetta. E insieme alla croce anche la statua della Madonna restaurata.Tra gli ospiti anche il grande alpinista bergamasco Simone Moro giunto direttamente con il suo elicottero da Bergamo.

La nuova croce, realizzata da Mauro Sormani, fabbro di Barzio, è stata donata dalla famiglia di Egidio Spreafico per ricordare un familiare, sacerdote, decaduto negli anni ’70 proprio in Grigna. Prima di essere trasportata è stata benedetta dal prevosto di Lecco mons. Franco Cecchin.

La vecchia croce che risale al 1947, è stata abbattuta nel mese di ottobre 2017 probabilmente da alcuni vandali, che hanno pensato anche di decapitare la statua della Madonna. Realizzata dal gruppo sportivo Amici della montagna di Milano, è stata quindi riportata a valle, in attesa di una sua collocazione.

 

Sabato 16 giugno 2018, sveglia non troppo presto, colazione e via verso i Piani dei Resinelli, destinazione Grignetta poi Grignone e ritorno ai Piani dei Resinelli, in poche parole: Traversata Alta e Bassa delle Grigne.

Sono le ore 7.30 e iniziamo la nostra lunga escursione partendo dal parcheggio dei Piani dei Resinelli, dove troviamo Matteo, amico e istruttore CAI che va a fare una scalata in solitaria tra le varie vie che offre la splendida Grignetta. Così giunti al bivio noi prendiamo per la Cresta Cermenati, salutando Matteo che va per la sua strada. Sono le 9.00, siamo in cima alla Grigna Meridionale m.2177, fa caldo ma non caldissimo, il sole che ci aspetta in vetta è alquanto piacevole, e dopo un mini break proseguiamo scendendo per la cresta Sinigaglia per un tratto attrezzato con catene. Ad un certo punto prendiamo a sinistra per il Canalino Federazione dove scendiamo sempre aiutati dalle catene, fino alla base, facendo attenzione a non far cadere i sassi. Da qui un sentiero su ghiaia ci porta alla Bocchetta del Giardino m.2004, teniamo la destra e in questo ambiente dolomitico ci abbassiamo di quota fino a raggiungere un bel tratto di sentiero tra la verde vegetazione, e in circa un’ora dalla vetta siamo al Buco di Grigna m.1803. Scendiamo ancora un poco seguendo le indicazioni della Traversata Alta, Rifugio Brioschi, sentiero n.7, e giungiamo alla base della prima parete rocciosa con il suo color marrone, quindi con l’aiuto di catene raggiungiamo la cresta erbosa . Da qui si apre un ambiente spettacolare dove le nuvole ci danno riparo dal sole, e con alcuni saliscendi raggiungiamo lo Scuso Tremare, un altro passaggio tra rocce ben attrezzato, poi ancora saliscendi fino a giungere allo Zucco dei Chignoli, che con una breve arrampicata aiutati dalle catene aggiriamo per poi giungere sulla comoda traccia che porta alla Bocchetta della Bassa m.2144. Da qui seguiamo il sentiero fino al Rifugio Brioschi, che ora si nasconde alla nostra vista dalle nuvole, ma poco dopo le nuvole che corrono velocemente sopra di noi si diradano e ci regalano la vista della cima, che raggiungiamo in circa 4 ore di cammino. Ebbene sì, la traversata alta l’abbiamo fatta! Dopo la vetta della Grignetta e dopo aver attraversato le varie bocchette e scudi siamo sulla vetta del Grignone. Quindi un meritato riposo ci sta, al fresco sotto il cielo coperto dalle nuvole sulla cima; quindi ci prepariamo per la discesa e il ritorno per la traversata bassa. Scendiamo fino alla Bocchetta della Bassa poi giù fino al Rifugio Pialeral, qui seguiamo le indicazioni e andiamo a destra attraverso il bosco per un sentiero pianeggiante fino alla discesa dove, dopo aver attraversato il torrente Pioverna, risaliamo sempre tra boschi e prati. Passiamo la località Sasso dell’Acqua, attraversiamo un ghiaione e infine raggiungiamo la sterrata che in piano ci riporta al Rifugio Porta, e poi alla nostra auto per le ore 16.00.

Che giornata favolosa! Stanchi ma super contenti! Abbiamo completato un percorso ad anello per nulla semplice, ma con la giusta preparazione,  senza particolari difficoltà. Quasi al termine eravamo veramente stanchi, poi giunti al Forno delle Grigne, è bastata una birra e un trancio di pizza  per riprenderci, grazie anche ad alcuni amici che abbiamo trovato e con cui ci siamo raccontati  la nostra giornata.

 

Ieri eravamo sul Monte Duria e guardando il panorama cerchiamo sempre i posti dove siamo stati e anche quelli dove potremo andare. Da qui scegliamo il Sasso Canale, una cima altrettanto bella e panoramica di m.2411, di cui l’anno scorso avevamo rinunciato a salire a circa metà percorso per il troppo vento, che in quel giorno perversava fortissimo, a tal punto di farci desistere. Sono le ore 8.00 di questa domenica 10 giugno, parcheggiamo in località San Bartolomeo e partiamo per il sentiero che ci porta all’Alpe di Mezzo e all’Alpe Pescedo. Arrivati all’Alpe teniamo la sinistra e iniziamo la salita che ci porta su per dei bei prati, e dopo averli aggirati troviamo il lungo muro di sassi che divide gli alpeggi, chiamato “Terminone”Arrivati al punto più alto del “Terminone” ore 9.15 piccolo ristoro e via lungo il sentiero che tra rocce a prati ci porta nel punto dove esattamente l’anno prima eravamo tornati indietro. Oggi invece continuiamo e attraverso un sentiero un po’ esposto e ancora qualche cumulo di neve da evitare siamo alla base del canale da risalire. Con molta attenzione risaliamo il canale dove dopo aver superato le ultime roccette ci troviamo in una piana dove a sinistra prosegue il sentiero segnato e a destra si vede la cima con il ripetitore del soccorso Alpino. Così su verso la cima, che dopo averla raggiunta capiamo che non è la vetta! E’ l’anticima, il Sasso Bianco appunto. Il Sasso Canale è lì davanti a noi con già due persone in vetta. No problem! Continuiamo per la cresta che a un certo punto diventa bella esposta, quindi decidiamo di scendere per riprendere il sentiero che passa sotto di noi a sinistra. Giunti al sentiero lo seguiamo, e dopo aver passato un breve nevaio saliamo fino alle ultime roccette che ci portano in vetta! Due cime in due giorni! Wow! Troppo contenti!! Da qui il panorama è come sempre bellissimo, guardando il Monte Duria notiamo che è coperto dalle nuvole, e guardandoci sorridiamo, e ci rendiamo conto che la natura ci ha fatto dei regali. Oltre a noi sulla cima ci sono altre persone, un uomo e una donna, che salutiamo senza dare troppa importanza, e solo dopo che sono andati via ci rendiamo conto che la ragazza la conosciamo… Magari li rivedremo scendendo. Dopo le foto di rito scendiamo facendo particolare attenzione al passaggio nel canalino ripido, quindi giù fino ad arrivare nei pressi del “Terminone”, dove troviamo le due persone che erano in cima con noi. Così la ragazza ci chiede se eravamo noi al bivacco Petazzi-Ledù l’anno scorso, e dopo la nostra conferma, un urlo di gioia, poi un abbraccio e baci per un’amicizia ritrovata così per caso, con Annelore. Dopo aver conosciuto anche Germano e aver scambiato quattro chiacchiere scendiamo insieme fino alle auto. Ma prima di salutarci non potevamo non andare a bere qualcosa insieme, quindi ci siamo ristorati con vino, salumi e formaggi all’Agriturismo Giacomino. E purtroppo è giunta l’ora di andare…con la promessa di rincontrarci per qualche escursione insieme.

Che dire, bellissima escursione su di una bellissima cima…e a completare la bellissima giornata gli amici con cui ci siamo raccontati le nostre avventure in montagna.

Questo secondo week end di giugno ci ha regalato il bel tempo, così subito ne approfittiamo per uscire sia sabato che domenica. Sabato 9 giugno 2018 la scelta ricade sul Monte Duria, una cima di m.2264, che con un percorso interamente panoramico, offre dalla vetta una bellissima vista a 360 gradi sul Lago di Como e sulle valli circostanti. Questo monte avevamo già provato a raggiungerlo alcuni anni prima, ma la nostra inesperienza ci aveva fatto rinunciare. Sono le ore 8.00, siamo nella località Monte Bodone che si raggiunge da una stretta strada soggetta a pedaggio che parte da Peglio (Co). La giornata è splendida, non fa troppo caldo e ben motivati partiamo alla volta del Monte Duria. Dal parcheggio parte subito il sentiero che indica ore 3.40 alla cima. In circa 20 minuti siamo all’alpeggio dove tra mucche e capre assaporiamo l’aria di montagna, e continuiamo a salire fino alla cima sopra l’alpeggio dove un ometto e una croce fanno da guardia alla valle. Da qui si vede bene il Monte Duria e si nota anche il canale che dovremo affrontare per raggiungere la cima. Continuiamo per il sentiero che poco dopo scende fino alla sella di Paregna n.1470, dove sostiamo alcuni minuti mangiando qualcosa per darci le giuste energie per il lungo tratto in costante salita che ci porta alla base del canalino, un’ora…no stop! Giunti alla base del canale, tra le pietraie un folto gruppo di capre ci viene incontro, tra una leccata e l’altra ci seguono, e appena iniziamo a salire vanno per la loro strada. Così arriviamo alla base del canalino là dove alcuni anni prima ci siamo arresi!! E oggi no! Su diretti fino alla fine del canale, poi a sinistra per sentiero e facili roccette fino alla vetta! Bellissimo! Come sempre, ma questa volta siamo felici in modo diverso, poichè consapevoli delle capacità di oggi, salendo in tutta sicurezza fino alla cima, dove si apre un panorama che ci lascia senza parole. Dopo aver firmato il libro di vetta ci scattiamo un selfie, pranziamo e poi iniziamo la discesa che senza problemi ci riporta al Monte Bodone. In tutto 5 ore, 2 ore e mezza per la salita e circa 2 ore per la discesa. Forse siamo andati un pò  forte, ma la voglia di arrivare là dove non eravamo arrivati era tanta.

Cosa facciamo in questa domenica 26 maggio? Tra le varie opzioni la spunta il Monte Tabòr, non quello in Israele, ma quello situato a nord della Val Cavargna lungo la dorsale dell’Alta Via del Lario in provincia di Como. Così partiamo alla volta di San Bartolomeo e dopo vari tentativi finalmente troviamo Oggia, la località da dove parte il nostro itinerario, grazie anche a qualche aiuto del pubblico. Sono le 10.00 e di buona lena iniziamo a camminare, il tempo è buono, così appena entriamo tra le case di Oggia seguiamo i segnavia bianco/rossi verso sinistra… ad un certo punto, dopo quasi mezz’ora di cammino ci chiediamo se è la direzione giusta, e dopo un consulto con la cartina capiamo che qualcosa non torna….praticamente sono le ore 11.00 e siamo di nuovo a Oggia! Così dopo un ulteriore aiuto di un gentilissimo abitante di Oggia prendiamo il sentiero giusto: entrati nell’abitato del paese teniamo la destra per poi andare a sinistra costeggiando una recinzione che attraversa un prato, che salendo ci porta nel bosco fino a raggiungere un gruppo di case. Anche qui gli abitanti del posto ci aiutano a seguire il sentiero giusto. Saliamo e dopo poco pieghiamo a sinistra seguendo il sentiero che mano a mano scompare lasciando il posto a prati e pendii dove la logica ci fa seguire una linea che seguendo la dorsale porta fino in cima. Da qui inizia la nostra corsa contro il tempo perché le nuvole si fanno minacciose e l’ambiente privo di sentiero non si addice ad un rientro con scarsa visabilità. Ma noi non molliamo, ci crediamo e in meno di due ore siamo in cima! Con ancora il fiatone facciamo alcune foto, un filmato e giù di corsa!! Le nuvole sono sempre più minacciose e in una rapida discesa arriviamo nei pressi di un ometto gigante dove un tavolo con le panche ci attende per un meritato break. Sono le 13.30, da qui la vista sulla valle ci regala una scorcio sugli abitati di San Bartolomeo, Cusino e subito sotto di noi Oggia, dietro il Monte Tabòr completamente coperto dalle nuvole. Scendiamo per l’ultimo tratto di sentiero che ci riporta a Oggia, dove incontriamo di nuovo le persone che ci hanno aiutato all’andata, che gentilmente ci chiedono com’è andata e ci offrono qualcosa da bere. Giunti a Oggia, non potevamo non salutare il nostro amico, e dopo averlo svegliato dalla pennichella gli abbiamo raccontato subito della nostra salita, e anche lui molto gentile ci ha offerto da bere e da mangiare. Alle ore 14.30 siamo alla macchina. Bella escursione, forse fatta un po’ troppo di corsa per via del meteo, ma nel complesso bella esperienza e bella cima. Un ringraziamento alle persone incontrate, gentili e disponibili.

8 Maggio 2018, si parte per la Sardegna! All’aereoporto di Cagliari-Elmas ci aspetta Chiara, amica di Paolo, nostro compagno di corsi invernali su ghiaccio e neve. Così dopo una visita alla bellissima Cagliari ci dirigiamo verso Santa Maria Navarrese dove ci aspettano Ricky e Stefano. Alle ore 17.30 arriviamo, e dopo le presentazioni facciamo subito un breafing su quello che ci aspetta nei giorni seguenti, quindi dopo la cena andiamo a dormire carichi per il giorno successivo. La mattina del 9 maggio iniziamo la nostra avventura, il “Selvaggio Blu”!!! Da Pedra Longa saliamo fino all’Ovile di Us Piggius, passando dalla grotta S’erriu Mortu, e percorrendo la panoramica cengia Giradili. Qui troviamo Ricky che ci rifornisce di acqua e viveri per la giornata, che tra una nuvola grigia e uno scorcio di mare ci porta al passaggio più impegnativo della giornata, dopo circa 6 ore di cammino: scendiamo verso il Bacu Tenadili per un sentiero impervio fino a giungere al passaggio su tronchi di ginepro, per poi risalire il costone tra cenge e rocce con attenzione, finchè arriviamo in un punto in cui dobbiamo risalire parte della parete e fare un traverso dove Stefano in tutta sicurezza ci permette di passare il punto esposto. Poi in discesa tra la vegetazione arriviamo a Portu Pedrosu, in circa 9 ore e 30. Qui finalmente il primo bivacco! Arrivati in riva al mare la prima cosa è stata di mettere a mollo i piedi stanchi delle ore di cammino!! E dopo aver recuperato le borse portate dal gommone la nostra guida Stefano prepara subito la tavola per la cena tipica sarda, mentre noi montiamo la tenda per la notte. Ci sediamo a tavola e dopo un notevole aperitivo ci godiamo i culurgionis e un gustosissimo maialino arrosto, il tutto accompagnato da un buon bicchiere di vino rosso! Già da questa super serata il gruppo si lega indissolubilmente, tra una chiacchiera e l’altra ci raccontiamo la giornata trascorsa e ci prepariamo per quelle avvenire dopo di che andiamo a dormire. 10 maggio, sveglia ore 6.30: smontiamo la tenda, facciamo colazione, prepariamo lo zaino e via, secondo giorno con arrivo a Cala Goloritzè. Ore 8.00 si parte, e dopo aver passato Porto Cuao, riprendiamo il nostro cammino tra boschi e rocce taglienti, fino a raggiungere Punta Salinas: da qui si apre un panorama senza eguali con l’Aguglia che domina Cala Goloritzè. Dopo una breve pausa scendiamo fino alla spiaggia dove ci attende un bagno rigenerante, che solo Angelo e Stefano osano fare dato la sorgente d’acqua dolce che sgorga in mare che rende l’acqua particolarmente “fredda”. Aspettiamo i rifornimenti portati dal gommone al riparo sotto una grotta dato la pioggia arrivata giusto per non farci mancare nulla. Risaliamo il sentiero per accomodarci in una zona attrezzata con dei tavoli, dove montiamo le tende e ceniamo a base di travellunch, il tutto accompagnato da un buon bicchiere di vino dinanzi a un piacevole fuoco. La mattina del giorno 11 la sveglia è alle 5.30 per andare a vedere l’alba sulla spiaggia di Cala Goloritzè: fantastica, colori  e riflessi meravigliosi su quest’acqua cristallina!! Abbiamo aspettato che sorgesse il sole, e dopo vari scatti torniamo alle nostre tende per prepararci per la giornata intensa che ci aspetta!  Quindi smontiamo le tende, colazione e dopo aver preparato gli zaini partiamo! Oggi si fa sul serio, ci aspettano circa 7 km, ma con difficoltà tecniche da non sottovalutare. Dopo aver risalito il sentiero, puntiamo a destra verso l’intaglio di Boladina ( IV+) che con l’aiuto della corda che Stefano ha preparato, superiamo questo passaggio… Poi una salita complicata: tra rocce fino a raggiungere un tronco messo lì per agevolare il superamento dell’ultima paretina… Una volta fuori, risaliamo il crinale fino a raggiungere un ovile, dove sostiamo alcuni minuti, ma la giornata continua perciò riprendiamo il nostro cammino. Dopo una lunga discesa nella vegetazione giungiamo alla prima calata, poi dopo aver affrontato un canalone verso il Bacu Mudaloru, la seconda calata, quindi risaliamo un ghiaione, con passaggi tra le grotte, e arriviamo alla terza calata, poi discesa, fino alla fine della terza tappa! Ma noi ci fermiamo, continuiamo e dopo una disarrampicata su tronchi di ginepro, risaliamo Bacu Padente fino a raggiungere il punto di bivacco prestabilito, dove troviamo Ricky con il fuoristrada che ci ha portato l’occorrente per la sera e il giorno successivo….così dopo un attimo di relax… Montaggio tende e poi… Aperitivo! Nel frattempo accendiamo il fuoco per una fantastica cena a base di malloreddus e orata, accompagnata questa volta da un ottimo vino bianco. Per il quarto giorno sveglia ore 7.00, colazione al caldo, grazie al fuoco acceso dal nostro Stefano, poi si parte per questa ultima tappa del Selvaggio Blu, destinazione Cala Sisine. Risaliamo la strada sterrata poi per sentiero ben segnato arriviamo nei pressi dell’Ovile Piddi, quindi una discesa in una spaccatura di roccia, e arriviamo alla prima calata, Proseguiamo e arriviamo alla seconda calata, poi attraverso il bosco di Cala Biriola eccoci a Punta Plumare dove la frana del 2015 ha cambiato l’aspetto al Selvaggio Blu. Dopo aver superato l’imponente frana giungiamo ad un passaggio attrezzato da arrampicare con poche difficoltà, per poi giungere all’ultima calata di Cala Sisine. Dopo un breve tratto di bosco siamo finalmente giunti alla spiaggia di Cala Sisine!!!

Non ci sono parole per descrivere quello che abbiamo provato durante questo splendido cammino… Emozione pura!! 4 giorni, 4 persone super motivate insieme sono riuscite a completare un percorso per nulla semplice, con la sola forza di volontà (e con l’aiuto di Stefano), attraverso questa costa di questa fantastica isola quale è la Sardegna.

Grazie ai nostri mitici compagni di avventura: Chiara e Paolo , con cui abbiamo condiviso un bellissimo trek, dove le emozioni provate insieme le porteremo con noi per sempre. Un ringraziamento particolare va a Stefano… Un grande! La nostra guida:  super competente e simpaticissima che se non era per lui, il Selvaggio Blu ce lo sognavamo! Grazie anche a Oltrelaverticaleguidealpine e Ogliastraoutdoorparadise  , per la perfetta organizzazione e per averci dato la possibilità di compiere questo bellissimo trek che non dimenticheremo mai!!!

Grazie a tutti e alla prossima…

Oggi doveva essere una domenica dedicata all’escursionismo, e per una parte lo è stata, ma per una buona parte ci siamo dati all’arrampicata. Tutto è nato da una giornata splendida passata in compagnia di Oltrelaverticale Guide Alpine  e del corso di arrampicata libera, dove abbiamo conosciuto tanti nuovi amici e tra un tiro e l’altro alla Placca del Pistolino in Angelone è cresciuta la voglia di scalare. Così sabato sera ci siamo trovati a pianificare una via di arrampicata, e la scelta è caduta su “Vietato Vietare” in Val Masino nel settore El Schenun. Quindi alle ore 9.00 siamo pronti ad attaccare la via: 5 tiri di difficoltà mai banale, con tiri di 5b, 5c e una bella placca gradata 6a+ al penultimo tiro. Ore 11.30 arriviamo alla fine. Grandi!! Che bella via, per noi che scaliamo saltuariamente direi che abbiamo fatto bene!! Forse anche benissimo!! Quindi siamo alle calate: dalla via Coda del Dinosauro in tre tiri si arriva alla base. Arrivati alla macchina, l’intenzione è quella di proseguire a scalare al Sasso Remenno , ma dopo una sosta a bordo fiume decidiamo per una passeggiata in Val di Mello, e così in totale relax raggiungiamo il Rifugio Luna Nascente dove sostiamo per gustarci un buon piatto di pizzoccheri e un’ottima birra raccontandoci le emozioni vissute durante la scalata. E dopo il meritato riposo rientriamo alla macchina e poi a casa. Che dire della giornata trascorsa: la via “top”, non banale e con la placca di 6a+ che ti regala non poche emozioni, poi la Val di Mello, bellissima, in questo periodo di disgelo con le diverse cascate che completano un luogo dal fascino particolare dato dai fasti della arrampicata dei primi sassisti negli anni 60. Dopo tutto ciò, purtroppo si torna alla vita settimanale, ma con un asso nella manica…l’8 maggio… STAY TUNED.

Nel giugno 2015 la nostra prima salita al Monte Moregallo dalla cresta ovest e oggi, sabato 29 aprile 2018 torniamo sui nostri passi, un po’ per riassaporare questo bel giro, un po’ per non allontanarci troppo da casa. Così dopo aver parcheggiato l’auto, iniziamo la nostra escursione. Il tempo non è dei migliori, le nuvole coprono il cielo e la pioggia è dietro l’angolo…ma le previsioni dicono che non pioverà, e noi gli crediamo. Sono le ore 9.00, e dopo aver preso la strada che porta a San Tomaso, prendiamo il sentiero 6 per il Moregallo e da subito iniziamo a salire nel fitto bosco, e in circa 40 minuti arriviamo alla Fonte di Sambrosera, sostiamo un attimo e facciamo alcune foto alle varie “casote” che ci sono. Continuiamo e dopo circa 20 minuti siamo alla Bocchetta di Moregge. Che sudata!! Dopo un cambio di maglia proseguiamo, e da adesso fino alla cima affrontiamo il tratto divertente dell’escursione. Ora il sentiero segue una traccia segnata da bolli gialli in un alternarsi di passaggi su roccia, fino a raggiungere il punto dove si scende con alcune catene a protezione del passaggio un po’ delicato, poi affrontiamo l’ultimo tratto prima della cima completamente attrezzato con catene, e alle ore 11.00.. siamo in vetta! Il Monte Moregallo m.1276,  tra le cime del Triangolo Lariano è forse la più affascinante, con molti sentieri di tutte le difficoltà, e anche una via di salita di arrampicata molto rinomata nel panorama degli scalatori, la Cresta O.S.A.. La salita di oggi serve anche a dare un’occhiatina proprio a questa cresta, che è nei nostri progetti. Così dopo un break e le consuete foto nello splendido ambiente della cima del Moregallo iniziamo la discesa seguendo il sentiero per Preguda, e dopo aver superato la Bocchetta di Sambrosera m. 1192 risaliamo un breve tratto di sentiero fino a un promontorio dove si apre davanti a noi un panorama che non possiamo ignorare: il Lago di Lecco, le Grigne, Il Monte Barro, la città di Lecco e la piana di Valmadrera (vedi video). Ora il tratto più ripido da affrontare in discesa, fino a giungere ai prati prima del Sasso Preguda, dove sostiamo gustandoci il nostro pranzo: uova sode, pomodori e gallette. Sono le ore 13.00 e siamo al Sasso Preguda m.647, un masso erratico proveniente dalla Val Masino con una forma quasi a piramide e un’altezza di circa 7 metri, con la sua chiesetta dedicata a San Isidoro. Da qui prendiamo il sentiero “Elvezio” direzione Forcellina e in un saliscendi tra facili rocce e bosco arriviamo a Forcellina m.720, e da qui per il sentiero 5 torniamo alla Fonte di Sambrosera e poi alla fine del nostro giro nei pressi del bivio per San Tomaso. Siamo alla nostra auto alle ore 14.30. Bellissimo giro! Rifatto a distanza di tre anni ha saputo regalarci ancora delle belle emozioni! Speriamo la prossime per la Cresta O.S.A.!

 

Garmin connect

25 aprile 2018, la primavera è arrivata prorompente con temperature sopra la media, e in attesa dello scioglimento della neve in quota, pensiamo ad una lunga camminata che ci permetta di godere di questo clima! La scelta cade sulla Via dei Monti Lariani, un percorso che fiancheggia il lato occidentale del Lago di Como partendo dalla città di Cernobbio e terminando a Sorico Il tragitto completo è lungo circa 125 km ed è diviso in 4 tappe, e noi decidiamo di percorrere la prima tappa, ovvero il sentiero 1 che da Cernobbio porta a San Fedele d’Intelvi. Ma prima di raccontare la nostra avventura alcune note tecniche:  per l’itinerario abbiamo seguito le indicazioni della guida Lago di Como – trekking, realizzata dall’Assessorato al Turismo della provincia di Como, in cui tempi e distanze sono descritti molto bene. Il percorso è ben segnato, solo nel tratto tra l’Alpe di Cerano o Pian d’Alpe a  San Fedele d’Intelvi abbiamo faticato a trovare i segnavia del sentiero 1, ma con la cartina alla mano nessun problema. Di seguito alcuni dati e poi il racconto: 33 km percorsi in 9 ore e mezza, 2000 D+ e 1500 D- con la quota più bassa toccata 200 m. a Cernobbio e la quota più alta 1300 m. alla Bocca di Orimento.

Dopo aver parcheggiato l’auto a Cernobbio, ci dirigiamo sul lungolago dove scattiamo alcune foto, e quindi iniziamo il nostro cammino. Sono le ore 6.00, l’aria è frizzante, il sole non è ancora alto, i bar che aprono, i netturbini che fanno il loro giro, e poi Angelo e Chiara armati di zaino, bastoncini, e voglia di passare una giornata memorabile. Saliamo fino a raggiungere Cà Bossi e così il tratto di salita più lungo lo lasciamo alla spalle, quindi dopo una breve pausa continuiamo passando per il Rifugio Bugone dove incontriamo alcuni cacciatori con i loro cani intenti in una chiaccherata all’ombra del grosso faggio del Rifugio. Perché nel frattempo il sole è arrivato a scaldarci. Dopo il Rifugio Bugone arriviamo al Rifugio Murelli e senza fermarci raggiungiamo un promontorio appena prima del Rifugio Binate, tra il Monte san Bernardo e l’alpe di Carate, dove facciamo una breve sosta. Durante la sosta ammiriamo il paesaggio: il tratto appena fatto e il tratto che dobbiamo ancora affrontare e così ripartiamo. Passiamo il Rifugio Binate e proseguiamo diretti fino alle pendici del Sasso Gordona passando per la Conca di Schignano. Arrivati al Sasso Gordona ci appuntiamo di tornare a visitarlo, deve essere un luogo molto bello. Ma la strada è ancora lunga perciò bando alle ciance….continuiamo. Scendiamo per un bel sentiero sfioriamo il Rifugio Prabello e arriviamo all’Alpe di Cerano o Pian d’Alpe. Non ci dimenticheremo facilmente del passaggio attraverso questa area dove le molte persone presenti con i loro barbecue diffondevano un profumino parecchio invitante! Dopo essere riusciti a sopravvivere a questo luogo di tentazione proseguiamo per i Monti di Carolza, che raggiungiamo a fatica un pò per la stanchezza e un pò per i segnavia 1 assenti. Arriviamo quindi nei pressi delle baite di Ermogna dove abbastanza provati dal lungo cammino ci fermiamo per la sosta più lunga del giorno…circa 15 minuti, Il luogo è quasi mistico: una bolla ormai secca che potrebbe essere un laghetto ai piedi di un pendio erboso, e una cascina semi abitata. In tutto questo noi due seduti su di un muretto (forse di una vecchia fontana) in un prato all’ombra di alcune piante, che stanchi assaporiamo ogni secondo di questo momento… ma il cammino non è finito, così ripartiamo e dopo i Monti di Carolza arriviamo nei pressi di alcune villette dove ahimè si deve salire in direzione Capanna Giuseppe Bruno. Giunti alla Capanna sostiamo alcuni minuti sui pendii che poi percorriamo fino ad un bivio, da dove affrontiamo l’ultimo tratto di salita fino alla Bocca di Orimento m.1275 il punto più alto del sentiero 1. Qui la baita di Orimento è affollata di persone che in relax si godono il loro pranzo/spuntino…e noi? …continuiamo!! Scendiamo…e dopo aver passato l’Alpe Grande entriamo nel bosco per affrontare l’ultimo tratto di sentiero 1 che porta a San Fedele d’Intelvi. Sono le ore 15.30 e siamo arrivati, stoppiamo il garmin e proseguiamo fino al centro del paese per prendere i biglietti del bus che ci riporta a Cernobbio. In tutto questo camminare ci siamo quasi dimenticati di ciò che abbiamo fatto!! Quindi andiamo verso  un locale, dove finalmente ci complimentiamo tra noi e ci godiamo un meritato panino&birra!!!

Finalmente dopo una settimana piovosa arriva un week end di sole e con le temperature in rialzo, così domenica 15 aprile tentiamo la traversata dei Corni di Canzo più Corno Orientale di Valmadrera, con partenza da Canzo. Sono le 5 e iniziamo a camminare…si!! Le 5.00! Obiettivo alba! Partiamo dal parcheggio in prossimità del Lazzaretto di Canzo e dopo aver passato la fonte Gajum ci addentriamo nel bosco per la mulattiera che porta al Santuario di San Miro. E’ buio, le frontali illuminano i nostri passi e nel silenzio della notte scorgiamo nel bosco due occhi gialli che ci osservano e ci seguono nel nostro passaggio…Così proseguiamo fino al bivio dove seguiamo le indicazioni per il Terz’Alpe. Non è la prima volta che percorriamo questo sentiero di giorno, ma al buio le cose cambiano, le percezioni sono diverse, ad esempio i ponti…ma quanti sono? E dopo aver incontrato una salamandra sul sentiero, in circa 45 minuti siamo al Terz’Alpe e da qui diretti alla vetta! Durante questo tratto di sentiero il cielo si schiarisce e capiamo che l’alba non è alla nostra portata e quando arriviamo alla base del Corno ci rendiamo conto che è anche coperto. Sono le 6.45, un vento fresco ci suggerisce di mettere il piumino e dopo un breve ristoro iniziamo a salire il Corno Occidentale dal sentiero n.1 per cresta, e dopo il fatidico “Passo della Vacca” siamo in cima. Il sole è in linea con la croce ma dietro c’è uno strato di nuvole, però alcuni raggi passano ai lati e ci regalano un momento magico. Sono le 7.30, scendiamo per il diedro fino alla base del Corno, poi a destra fino alla Forcella dei Corni dove proseguiamo per il Corno Centrale, e alle 8.00 siamo in cima. Bellissimo!! Soli in cima ai Corni!! Dopo alcune foto si riprende il cammino seguendo la cresta per alcuni bolli verdi scoloriti e dopo alcuni passaggi esposti iniziamo la discesa. Con un pò di attenzione e con l’aiuto di qualche catena arriviamo alla Bocchetta di  Luera, da qui in pochi minuti raggiungiamo il Corno Orientale. Trittico dei Corni!! Felicissimi!! Ci congratuliamo tra di noi, e già pensiamo alla prossima avventura, ma prima dobbiamo tornare alla macchina. Per il ritorno scendiamo al “Fontanin del Fo”, dove casualmente troviamo un nostro amico, Antonio, e dopo due chiacchiere riprendiamo insieme il sentiero del ritorno, raggiungendo la Bocchetta di Val Ravella seguendo l’indicazione per l’Alpe Alto. Qui una traccia non proprio facile da vedere ci porta a mezza costa, fino all’Alpe Alto, e sempre in compagnia di Antonio scendiamo al Santuario di San Miro. Poi per mulattiera arriviamo a Gajum, e alle ore 11.00 siamo alla macchina. Da Canzo al Corno Occidentale poi al Corno Centrale e infine al Corno Orientale, una traversata arricchita da passaggi su cresta, discese su roccia e anche alcune catene, in un contesto che non ha bisogno di parole, il Lago di Como, Lecco, le Grigne, il Resegone, e solo per dirne alcune..

 

Siamo arrivati a questa Pasqua 2018 che cade il I° di aprile e con una previsione di tempo bello ci prodighiamo in cerca di una bella escursione, magari sulla neve, e così per caso su Facebook troviamo pubblicizzata un’uscita medio/impegnativa con le ciaspole in cui si raggiunge una vetta di m.2188, organizzata da Northwestrekking. Quindi dopo i consueti scambi di informazioni ci iscriviamo! Appuntamento per le ore 8.00 a Brissago (Svizzera), da qui saliamo fino a raggiungere la località di Cortaccio dove parcheggiamo l’auto e partiamo per la nostra escursione che ci porterà in vetta al Monte Limidario o Gridone, montagna che fa parte delle Alpi Ticinesi e del Verbano nelle Alpi Lepontine. Sono le ore 9.00 e dopo le presentazioni dei nostri compagni di avventura partiamo. Siamo in 5, noi, una coppia, Pia e la guida alpina Mauro Mairati. In fila indiana percorriamo il primo tratto nel bosco senza neve, e dopo circa un’ora arriviamo nei pressi dell’Alpe Vantarone m.1410, qui calziamo le ciaspole e iniziamo a fare sul serio. A fatica passiamo un tratto un pò ripido che ci porta all’Alpe Avaiscia m.1730. Da qui si apre uno scenario alpinistico con un anfiteatro innevato che noi risaliamo di buona lena: un tratto breve, ma verticale, fino ad un intaglio di cornice fatto AD HOC. Sono le ore 13.00, da qui una splendida cresta ci accompagna fino al punto dove calziamo i ramponi e affrontiamo l’ultimo ripido tratto che porta alla vetta! Sono le ore 13.30 quando raggiungiamo la croce di vetta del Monte Limidario o Gridone. Il cuore a mille!! Il panorama è bellissimo! Ci stringiamo la mano e scattiamo alcune foto. Intorno a noi una miriade di cime innevate, dal Massiccio del Monte Rosa al Monte Leone, la Val Vigezzo, il Lago Maggiore fino ai monti di casa nostra, vediamo persino la Grigna e il Grignone a completare uno scenario unico. Ma come si dice…ce l’hai fatta solo quando sei sceso…e così, passo dopo passo torniamo alla Bocchetta di Valle dove scendiamo per questo splendido vallone fino all’alpe Avaiscia. Quì, finalmente ci riposiamo e mangiamo qualcosa. Poi rientriamo alla macchina per il sentiero dell’andata.

Che dire?Gli anni passano….e da quando andavamo ai Corni di Canzo per Pasqua a oggi, di sentieri ne abbiamo fatti!!!

Felici e contenti rientriamo dalla Svizzera, consapevoli di aver aggiunto ancora qualcosa al nostro bagaglio di esperienza, in questo ambiente invernale che sempre più ci piace

Un ringraziamento alla nostra guida Mauro che ci ha portato in vetta e alla grande Pia, amante della neve e della montagna bianco vestita, per la compagnia e per i suoi racconti su questi luoghi.

Alla prossima..

 

 

Questa domenica di tempo incerto decidiamo di stare in zona e ne approfittiamo per portare Stefano, il nostro nipotino che a volte ci segue nelle nostre escursioni. Cosi decidiamo per il Monte Barro, un isolato monte che fa parte delle Prealpi Lombarde, alto m.922,  appartenente all’omonimo Parco Regionale. L’abbiamo già salito dal sentiero normale, invece oggi pensiamo ad un giro ad anello per la cresta meridionale, seguendo il sentiero n.305. Sono le ore 8.15, parcheggiamo l’auto nel parcheggio del Monte Barro, e iniziamo a camminare seguendo la vecchia mulattiera che porta all’Eremo tramite il sentiero n.302. Prima dell’Eremo prendiamo a destra seguendo il sentiero n.307 per le “Torri Gote”, e dopo un tratto pianeggiante iniziamo a scendere, giunti ad un bivio prendiamo la direzione “Galbiate – Valle dell’Oliva”. Ci abbassiamo di quota e attraversando il bosco arriviamo su una strada sterrata in località Due Case, dove a destra si va a Galbiate, e noi andiamo a sinistra per il sentiero n.301.  Arriviamo nei pressi di una fontana dove prendiamo il sentiero n.305 che porta alla vetta del Monte Barro. Da qui il cartello segna 1 ora e 10 alla vetta, così per motivare ulteriormente Stefano, facciamo una scommessa, di arrivare entro questo tempo. Sono le 9 e 27. Risaliamo il pendio, usciti dal bosco si apre il panorama, e noi con passo “tranquillo” per Stefano raggiungiamo la sommità del III corno m.768. “Finalmente si vede la cima” dice Stefano! E dopo un breve ristoro  riprendiamo il cammino, il tempo passa e la vetta è ancora lontana…  Scendiamo e dopo aver superato la sella della pila, si  sale tra roccette dove Stefano dà il meglio di sè. Ed eccoci al  II corno m.791, poi al I m.814, e finalmente alla vetta del Monte Barro m.922! Ore 10.37!! Ce l’abbiamo fatta!! Un’ora e dieci esatte!! Ci godiamo il panorama che questo Monte ci regala, particolare, essendo “isolato”  possiamo ammirare il Resegone, il Lago di Lecco, i laghi di Annone, Pusiano e Alserio, e poi ancora i Corni, il Cornizzolo e Moregallo. Però dopo un po bisogna scendere, seguiamo il sentiero che porta all’eremo per poi ricongiungerci con la mulattiera dell’andata e in circa un’ora siamo alla macchina.

Bella escursione, poco impegnativa ma davvero appagante! Dove i passaggi sulle roccette sono piaciuti tanto a Stefano.

Consigliamo di partire da Galbiate. Magari una visita al sito del Monte Barro della regione Lombardia , per approfondire la conoscenza di questo monte, o anche solo per trovare qualche spunto per un’escursione

 

Questa domenica le previsioni non promettono nulla di buono, ma decidiamo ugualmente di fare un’escursione, e puntiamo al Monte San Primo, la cima più alta del Triangolo Lariano. Parcheggiamo l’auto alla Colma di Sormano e partiamo alle ore 9.00 subito con le ciaspole, perchè ha nevicato il giorno prima e ne ha fatta parecchia, tanto che nel primo tratto in mezzo al bosco gli alberi ci “sbarrano” la strada coi loro rami bassi appesantiti dalla neve. Il cielo è completamente grigio e coperto, ma quando usciamo dal bosco in prossimità dell’Alpe Spessola, dopo circa un’oretta, si apre, e un tiepido sole ci fa rimpiangere di non aver portato gli occhiali. Proseguiamo, ma invece di salire per la strada prendiamo a destra subito dopo un cancelletto per gli animali, così saliamo diretti, tracciando il percorso nella neve fresca  fino a raggiungere il laghetto e poi il ripetitore in cima al Monte Pociv m.1453. Non è per nulla semplice: dopo essere calata una nebbia fitta fatichiamo a vedere la direzione da prendere ma siccome conosciamo abbastanza il posto piano piano raggiungiamo la Bocchetta di Terrabiotta  m.1432. Ripartiamo per la Cima del Costone, e da qui l’arrivo alla vetta del San Primo è un susseguirsi di piacevoli sensazioni: i passaggi in mezzo alla nebbia si alternano a istanti di luce che ci illuminano il sentiero, delineando bene la cornice di neve alla nostra destra. Attimi da cogliere al volo quindi, in cui le nuvole si spostano e ci permettono di vedere il lago e le cime intorno a noi. Ci godiamo la nostra camminata in cresta, e a mezzodì circa arriviamo in vetta. Sempre bellissima la croce!! Scattiamo diverse foto, mangiamo qualcosa, ma poi inizia a nevischiare e ci decidiamo a rientrare. Riprendiamo il percorso dell’andata, il cielo si copre, e in breve arriva una piccola bufera di neve, ma fortunatamente noi siamo sull’ultimo tratto in mezzo al bosco. Arriviamo alla nostra auto alle 14.30 circa. Questa giornata si è rivelata veramente piacevole, il tempo ha tenuto e la bella nevicata del giorno prima ci ha regalato un San Primo invernale… TOP!!!

E’ da inizio stagione che puntiamo il “Grignone”, dalla via Invernale e finalmente oggi 4 marzo ce l’abbiamo fatta! Decidiamo di partire presto per non trovare troppa gente, così alle ore 4.00 sveglia, colazione e poi via, con la mitica “Panda 4×4 old” in direzione Colle di Balisio. Arrivati al Colle prendiamo la strada innevata sulla sinistra e raggiungiamo la Chiesa del Sacro Cuore, dove lasciamo l’auto. Da qui parte la nostra escursione: sono le ore 5.45 zaino in spalla, frontale accesa e partiamo per la nostra prima ascesa in invernale alla Grigna Settentrionale m.2410! Prendiamo dapprima una stradina, poi il sentiero sulla destra, e seguendo le indicazioni per il Rifugio Brioschi, iniziamo a salire nel bosco mentre l’alba che sta arrivando schiarisce il sentiero. Arrivati all’alpe Cova vediamo distintamente la luna tra le Grigne, e dall’altra parte il sole che sta sorgendo, bellissimi i colori creati dall’alba riflessa nella neve, e complici anche le nuvole basse che coprono i paesi sottostanti, ci catturano e noi non possiamo fare altro che ammirare lo spettacolo che la natura ci offre… Sono le ore 6.45, siamo al Pialeral, qui calziamo i ramponi e via, proseguiamo per la traccia ben segnata e dopo circa 1 ora arriviamo al bivacco Riva Girani in località Comolli m.1830,  da qui iniziamo il tratto più impegnativo detto “il muro del pianto”… La pendenza aumenta, e passo dopo passo arriviamo sulla cresta!! Ma che vento gelido! Sono le 9.00, ci copriamo e riprendiamo il sentiero che segue tutta la cresta!! Il panorama è mozzafiato, in circa 20 minuti siamo alla croce di vetta!! SIII!!! SUMMIT!!! Intorno a noi solo cime innevate sovrastate da un cielo azzurro, ma fa troppo freddo, così dopo pochi minuti per qualche foto, ci “rifugiamo” nel rifugio aperto, siamo in pochi, una decina di persone con il gestore, qui ci riscaldiamo davanti alla stufa con caffé caldo e una fetta di crostata… Dopo circa 30 minuti iniziamo la discesa per l’itinerario della salita. Ripercorriamo la cresta, ed è ora che apprezziamo l’ambiente in cui ci troviamo: la giornata è fantastica, il sole splende, la nebbia ricopre le valli e noi godiamo di questo momento magico! Siamo al “muro del pianto” che affrontiamo in discesa, e in poco più di un’ora siamo al bivacco Riva dove incontriamo alcuni amici che si apprestano a salire, due chiacchiere, ci salutiamo e riprendiamo la strada del ritorno. Giunti al Pialeral, togliamo i ramponi e ci riposiamo gustandoci una mela seduti al caldo sole. Quindi scendiamo ancora e alle 12.45 circa siamo alla macchina. Prima di rientrare a casa facciamo tappa all’Alva per pranzare e raccontarci  della mattinata trascorsa, contentissimi della nostra prima salita in invernale alla Grigna Settentrionale o Grignone.

Bellissima giornata, felici per la cima raggiunta, che ci regala una nuova prospettiva sulle Grigne e l’ambiente invernale, che sempre più, ci emoziona e arricchisce il nostra bagaglio di esperienza in un ambiente unico!

Quest’anno è l’anno magico per noi, l’anno del ghiaccio e della neve! Dopo aver provato ad arrampicare sul ghiaccio, in una giornata organizzata da Oltrelaverticale Guide Alpine , con il grande Matteo Piccardi, ci è piaciuto un sacco e ci iscriviamo al corso!

Il 3 febbraio ci incontriamo alle ore 6.00 a Bione (Lc): conosciamo i nostri compagni di avventura, i simpaticissimi Pietro, Alessandro e Paolo, e la nostra guida, il magico Luca Moroni. Partiamo per la prima lezione, destinazione Val Paghera! La prima giornata ci serve per prendere una buona confidenza con il ghiaccio, Luca ci mostra le varie tecniche di arrampicata, e noi le mettiamo in pratica. Si tratta di una cascata di II grado circa, non troppo verticale, l’ideale quindi per imparare. Dopo diverse salite, qualche foto e qualche pausa di rifornimento arrivano le 15.30, la stanchezza e il freddo si fanno sentire, quindi Luca smonta i tiri, sistemiamo le corde e ci avviamo verso la macchina. Davanti a una birretta e panino ci raccontiamo la giornata, poi ritorno a casa.

Arriva domenica 11, per la seconda lezione destinazione Pontresina, Svizzera! Si tratta della cascata Canyon di Pontresina, cascata artificiale, bella e verticale, di III grado circa. Il termometro quando siamo arrivati segnava – 13.5 , e questo ci ha fatto un pò temere, ma poi in realtà tra la concentrazione nella scalata, e un sole timido che comunque è comparso, non ci ha dato problemi. Qui abbiamo avuto modo di testare la cascata verticale, e quindi di mettere in pratica determinate tecniche di scalata.  E anche oggi purtroppo il tempo passa, arrivano le ore  15.00, Luca smonta i tiri e ci avviamo verso la macchina. Una bella birra in compagnia, e poi si torna a casa.

E siamo arrivati all’ultima lezione, un intero week end dedicato alla scalata su ghiaccio! Il primo giorno andiamo alle Cascate del Presena, e ci arriviamo dopo aver preso la funivia al Passo del Tonale, verso la località Paradiso. La cascata si trova proprio a 10 minuti dalla funivia, in un contesto spettacolare! Arriviamo sotto la cascata, ci prepariamo con imbrago, casco e ramponi, e saliamo il breve pendio che ci porta ai piedi della cascata stessa. E nel frattempo Luca si è imbragato, ha portato su le corde e ci ha montato i tiri…grande Luca!! Oggi fa freddo! Partiamo subito per scaldarci, e ci accorgiamo che abbiamo fatto tutti dei bei progressi. Questa cascata è un pò meno verticale della precedente, e ci dà modo di mettere in pratica tutte le tecniche acquisite, e aumentare la nostra sicurezza nella scalata. Purtroppo inizia a nevicare, sono circa le 14.00, e dopo un pò si alza anche il vento, quindi siamo costretti a smontare tutto. Scendiamo, ci sistemiamo, e facciamo la nostra classica sosta birretta prima di prendere la funivia. La sera una bella pizza tutti insieme, e tra una chiacchiera e l’altra tiriamo un pò le somme… decidiamo anche la destinazione per il giorno dopo: Val Paghera!

E arriva l’ultimo giorno, oggi finalmente scaleremo una via! Anzi due! Ad ognuno viene affidata una guida, a noi ci porta il mitico Matteo Pasquetto!

Partiamo con la prima via, la Cascata del Sentiero, due tiri divertenti e vari, il magico Pasquetto ha cercato sempre di metterci alla prova sfruttando la verticalità della cascata, e noi ci abbiamo dato dentro! Arriviamo in cima alla cascata, soddisfatti perchè non abbiamo avuto grandi dificoltà; facciamo su le corde, e prendiamo un sentiero a sx che ci porta ai piedi della seconda cascata di oggi: l’Albero di Natale, tre tiri e forse un pò più verticale, anche questa una bella cascata! E anche qui, forse con qualche difficoltà in più rispetto alla precedente, ne usciamo bene!! Arriviamo in cima super contenti, il selfie in sosta prima di calarsi direi che ci sta, e poi via…si scende!! Che giornata magica!! Abbiamo fatto due belle vie di più tiri su ghiaccio, e il ghiaccio ha il suo fascino!

Sono le ore 14.00, ci incontriamo con gli altri, e poi tutti insieme a ristorarci al bar, contenti ma non contentissimi perchè il corso purtroppo è già finito!

Che dire: corso TOP. organizzato alla perfezione: ci hanno dato la possibilità di conoscere posti nuovi, dove poi noi potremo tornare. E Luca è veramente una bomba, in 4 lezioni ci ha insegnato ad arrampicare su una parete di ghiaccio verticale, senza averlo mai fatto prima, e arrampicare bene su ghiaccio è un’arte! E poi abbiamo avuto modo di conoscere nuovi amici, con cui sicuramente organizzeremo altre avventure.

Nel settembre 2007 una coppia di amici ci invita a passare una domenica diversa, una camminata in montagna per raggiungere una cima molto conosciuta. E proprio da allora è nata la nostra passione per la montagna come la viviamo oggi. Dopo circa 10 anni torniamo su questa cima, il Resegone. Però questa volta in invernale. Da Lecco seguiamo per Morterone, e alla galleria in località “Forcella di Olino” a m.1158 parcheggiamo l’auto. Sono le ore 9.00, Ci prepariamo e partiamo. La neve fresca caduta il giorno prima rende incantevole il bosco che attraversiamo fin da subito, mentre saliamo dolcemente,  attraversando il versante orientale ci troviamo immersi in questo ambiente affascinante, in cui i raggi del sole filtrano attraverso i rami degli alberi imbiancati dalla neve; quindi raggiungiamo un bivio dove prendiamo il sentiero a sinistra per la cima del Resegone. Da qui si inizia a salire, e dopo essere usciti dal bosco vediamo finalmente la croce di vetta, maestosa davanti a noi, e tra i tanti scialpinisti che quest’oggi dominano la scena, saliamo fino al Rifugio Azzoni, e poi su fino alla vetta! Sono le ore 11.30, il paesaggio che ci regala la giornata di oggi è fantastico!! La vista spazia dal lago di Lecco alle Grigne e al Legnone, al Pizzo Tre Signori e a tutte le altre cime completamente imbiancate. Ma fa freddo! Così dopo aver mangiato qualcosa e aver scattato qualche foto, calziamo i ramponi e scendiamo verso il Rifugio Azzoni dove molti appassionati sono saliti come noi, chi con gli sci, chi con le ciaspole, chi a piedi. Quindi, scendiamo per il sentiero che abbiamo fatto all’andata, e dopo circa 2 ore di discesa siamo alla macchina!

Bella escursione, non troppo impegnativa e molto appagante dalla cima. Essere tornati dopo circa 10 anni è stato emozionante: soprattutto pensare che da quella volta, la montagna è diventata parte di noi.

Un grazie particolare a Oscar e Angela, che ci hanno dato la possibilità di scoprire il  territorio e la natura che ci circonda  in un modo nuovo per noi. E da quella volta non ci siamo ancora fermati.